Proust, Sainte-Beuve, e la ricerca in direzione sbagliata

Dal saggio introduttivo a Marcel Proust, Contro Sainte-Beuve

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sainte-beuve-4-sizedQuella che ho chiamata una strana mescolanza genetica [“Romanzo o saggio? abbozzo della Recherche o discorso su Sainte-Beuve…?] non sarebbe mai apparsa tale, se Proust avesse ripreso nella Recherche l’attacco a Sainte-Beuve insieme con le idee estetiche che lo suggeriscono, come per un certo tempo aveva pensato di fare («Le nom de Sainte-Beuve ne vient pas par hasard. Le livre finit bien par une longue conversation sur Sainte-Beuve et l’esthétique», CSB, p.825). Tutti i lettori della Recherche sanno che non è stato casi: Proust ha soltanto attribuito errori tipici di Sainte-Beuve, in forma caricaturale, al personaggio di Madame de Villeparisis (cfr. Rousset). La storia del testo, che rispetto alla Recherche è preistoria, non può dunque bastare da sola a darci il perché della mescolanza iniziale di argomenti estetico-critici e temi narrativi; all’abbandono, da parte di Proust, di questa mescolanza, chi studia Proust deve supplire con una interpretazione di essa. E non c’è nulla da obiettare alla interpretazione avanzata, in un saggio fondamentale, da Gaetan Picon: Sainte-Beuve aveva avuto tendenza a ridurre il valore dell’opera letteraria al valore dell’uomo che l’ha scritta, e Proust sentiva come fallimentare a trentasette anni la sua persona e la sua vita; confutare Sainte-Beuve, dimostrare che le grandi opere nascono da un io diverso e più profondo di quello che si manifesta nell’esistenza privata, gli era dunque necessario come un esorcismo prima di affrontare la propria opera .
Ma se è vero che poteva essere inevitabile per Proust un tale scontro con Sainte-Beuve sul terreno decisivo del biografismo in letteratura, l’interpretazione che ce lo fa rilevare è essa stessa di portata strettamente biografica. Intendo dire che Proust avrebbe potuto benissimo confutare il metodo di Sainte-Beuve subito prima di mettersi a scrivere la Recherche, anche senza mescolare cosi curiosamente, all’inizio, le due distinte imprese letterarie, anche senza oscillare tra quelle due façons différentes di concepire la prima di esse. Ecco allora innegabilmente un problema ulteriore, il quale vuole la sua risposta con riferimento non tanto alla vita di Proust, quanto ai due testi, fra i quali non si è avuta solo successione esterna ma anche una specie di contaminazione interna e infine di trapasso diretto: il testo del Contre Sainte-Beuve, il testo della Recherche. Vi è qualcosa di comune fra l’immagine di Sainte-Beuve e il Narratore della Recherche – dovremo chiederei a questo punto – oltre la necessità nel 1908 di mettere a tacere in qualche modo la voce del primo affinché quella del secondo potesse farsi udire?
Per provare a rispondere ci dà indicazioni sufficienti il fatto che nei manoscritti da cui si ricava il Contre Sainte-Beuve esistono due passi in cui una stessa esperienza è attribuita una volta all’io che racconta, un’altra volta (e sia pure solo in forma congetturale-negativa) a Sainte-Beuve; nell’edizione Fallois questi passi figuravano entrambi, mentre proprio la troncatura che ho già rimproverata all’edizione Clarac ha lasciato fuori uno dei due. Comunque il disordine dell’inedito rivela qui una indecisione, una disponibilità di certi sviluppi narrativi a venire predicati di se stesso oppure dell’altro – l’altro che è qui proprio la vittima di un attacco; ma l’indecisione tradisce a sua volta una virtuale identificazione di se stesso con l’altro, con la vittima in questione. Si. tratta dell’esperienza di colui che ha inviato a un quotidiano il suo primo articolo, ha lungamente atteso ogni giorno di vederlo uscire, ha finito col perde me la speranza, finché un mattino tarda a riconoscere il suo testo stampato che gli sta sotto gli occhi – benché fosse stato messo sull’avviso dalla finta distrazione affettuosa con cui la madre gli aveva posato il giornale sul letto e si era ritirata (CSB, pp.226-27). Anche in questo caso, chi conosce la Recherche avrà riconosciuto la trama di un episodio della Fugitive, nel quale è tornato puntualmente anche l’accostamento fra l’articolista e Sainte-Beuve; non perché (lo si precisava nel Contre Sainte-Beuve)quest’ultimo provasse ancora simili emozioni e gioie da esordiente; ma perché gustava ogni lunedì mattina la soddisfazione mondana di immaginare il proprio articolo, moltiplicato in mille esemplari, tra le mani dei suoi più illustri conoscenti al momento stesso che tra le sue mani (La Recherche, III, pp.566-68, 570).
Ora, nella Recherche questa esperienza dell’articolo non costituisce affatto una tappa positiva nella direzione in cui il Narratore è atteso alla fine dalla scoperta della propria opera e dal riscatto di se stesso. Essa rappresenta piuttosto, se non di per sé, per le utilizzazioni estroverse e mondane che comporta – l’importanza data al giudizio di M. de Norpois, l’attesa e la degustazione stessa dell’uscita sul «Figaro» – una sintesi esigua di tutta la fase fallimentare della vocazione del Narratore (La Recherche, I, pp.179-82; 455; 473-74; II, pp: 347, 397; III, 12-13; 119; 566-72; 583) (corrispondente sul piano biografico a rutta la produzione preparatoria di Proust dai Plaisirs et les jours in poi). È quindi soltanto nel suo aspetto di dilettante mondano che il Narratore può venire associato a Sainte-Beuve; e non a caso nella polemica contro quest’ultimo alcune delle pagine più serrate avevano insistito sul carattere per l’appunto salottiero ed estroverso dell’atteggiamento di lui verso la letteratura (CSB, pp.224-31). Resta il fatto che c’è spazio per una così compromettente associazione nella Recherche, e addirittura per una virtuale provvisoria identificazione nel Contre Sainte-Beuve: è esattamente in questo spazio che Proust, colpendo a morte la mondanità letteraria di Sainte-Beuve, colpisce a morte un polo negativo del proprio io; denunciando il critico la cui ricerca si compiva in una direzione sbagliata, denuncia il misconoscimento di una direzione giusta che minaccia, ancor prima del critico, l’artista creatore.
Il problema del rapporto fra l’esperienza biografica e la creazione narrativa era stato posto da Proust, in termini potenzialmente nuovi rispetto a tutte le concezioni romantiche, naturaliste, positiviste, ben prima del Contre Sainte-Beuve: fin dalle pagine liminari del suo primo grande tentativo di romanzo, Jean Santeuil. I due giovani che hanno casualmente conosciuto in Bretagna lo scrittore C., da loro ammirato più di ogni altro, vorrebbero sapere «in che misura egli era in ciò che aveva scritto»:
Ces problèmes que nous n’osions pas lui poser […] nous intéressaient plus que tout. Nous pensions en consacrant toute notre vie à les résoudre ne pas mal l’employer, puisqu’elle serait toute à connaitre des choses que nous aimions par-dessus tout, et [que] nous comprendrions quels sont les rapports secrets, les métamorphoses nécessaires qui existent entre la vie d’un écrivain et son œuvre, entre la réalité et l’art, ou plut6t, comme nous pensions alors, entre les apparences de la vie et la réalité même qui en faisait le fond durable et que l’art a dégagée.
(Jean Santeuil, p.190)
In un altro passo di Jean Santeuil il problema era più decisamente risolto in senso negativo, rapporto fra persona e arte proclamato insondabile o inesplicabile, certamente sterile da indagare:

“Ni la vue du romancier Traves, ni ce que Jean connut de sa conversation, ni ce qu’il apprit de sa vie ne continuaient en rien l’étrange enchantement, le monde unique où il vous transportait dès les premières pages d’un de ses livres et où sans doute il vivait quand il travaillait lui-même […]. Les circonstances de sa vie et ses habitudes ne pouvaient en rien expliquer la mystérieuse ressemblance qu’il y avait entre tous ses livres…”. (CSB, p.477)
È evidente che già all’altezza cronologica di queste pagine, e cioè fra il 1895 e il 1897, Proust avrebbe potuto coerentemente denunciare nel metodo di Sainte-Beuve l’eresia per eccellenza in fatto di comprensione del fenomeno arte: la deviazione ingenua, oziosa e sistematica dell’interesse dall’essenza dell’opera verso quella biografia aneddotica che nulla può spiegare di essa. Proust precorreva – e si sa che tra i grandi scrittori della sua generazione era lungi dall’essere il solo – quella crisi della mentalità positivistica nello studio dell’arte, che avrebbe contrassegnato in diverse zone culturali europee i primi decenni del secolo. Vale la pena di spigolare qui, da zone e date appunto diverse, esempi di polemica contro il biografismo erudito che risultano accomunati da spontanee metafore di ricerca periferica, deviata condotta in direzione sbagliata:
Il semplice erudito non riesce mai a mettersi in comunicazione diretta con gli spiriti magni, e s’aggira di continuo pei cortili, le scale e le anticamere dei loro palagi…(B. Croce, Estetica, 1902, p.143).
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Francesco Orlando, 1974

Testi citati
Marcel Proust: À la recherche du temps perdu. Gallimard, Paris 1954 (= Bibliothèque de la Pléiade)
Marcel Proust: Contre Sainte-Beuve seguito da Nouveaux Mélanges. Prefazione di Bernard de Fallois.
Gallimard, Paris 1954
Marcel Proust: Contre Sainte-Beuve précedé de Pastiches et mélanges et suivi de Essais et 
articles. Ed. établie par Pierre Clarac avec al collaboration de Yves Sandre. Gallimard, Paris
1971, 1989 (citato con la sigla CSB)
Marcel Proust: Jean Santeuil précédé da Les plaisirs et les jours. Ed. établie par Pierre Clarac avec la
collaboration de Yves Sandre. Gallimard, Paris 1971
Marcel Proust: Contro Sainte-Beuve. Traduzione di Paolo Serini e Mariolina Bertini dall’edizione
critica di Pierre Clarac. Saggio introduttivo di Francesco Orlando. Einaudi, Torino 1974
J. Rousset: Forme et signification. ^Essais sur les structures littéraires de Corbeille à Claudel. Corti,
Paris 1964