Giorgio Bernardini: Addio a Paioni, l’innovatore, amico di Bo

Un anno prima di morire, nel Duemila, Carlo Bo fece in tempo a consegnare una laurea honoris causa speciale, ad un amico speciale. I meriti erano indubbi. La storia dell’università e della cultura italiana debbono moltissimo all’uomo che giovedì sera, alle 19.30, ha esalato l’ultimo respiro nella sua casetta di via Posta Vecchia, in pieno contro storico. Il professor Paioni non c’è più: con lui se ne va davvero tutto ciò che rimaneva della viva memoria storica dell’università ducale del Novecento, quando l’ateneo seppe farsi grande agli occhi della cultura mondiale. Pino Paioni, 93 anni, era molto più che un docente. Vita da romanzo, tra successi accademici e organizzativi, seppe fare delle sue intuizioni e della sua dedizione un modello. Nei momenti di successo e avanguardia di quel’università – che prima si chiamava ‘libera’ ed oggi porta il nome del suo grande amico Carlo Bo – lui c’era sempre. Mai in primissimo piano (“Sono timido.  ” diceva con un ghigno che lasciava presupporre mistero), ma decisivo protagonista di vicende mirabolanti. Tutto nacque in una stazione ferroviaria, nel primo dopoguerra. Paioni – originario di Pennabilli – incrociò il rettore Bo per caso. Poche parole, intesa immediata. E la richiesta del “magnifico” di portare a Urbino la sua professionalità. Così nasce l’avventura. Paioni fonda assieme al rettore la prima “summer school” italiana: il “corso estivo per gli studenti lavoratori”. Ma il meglio doveva ancora arrivare. Alla fine degli anni Sessanta fonda con Paolo Fabbri il Centro Internazionale di Semiotica e Linguistica. Una illuminazione pura per il mondo della cultura legata ai significati e alle parole, quella dimensione parallela in cui Paioni si rifugiava spesso. Ne usciva solo per portare nel mondo reale le sue intuizioni. Un certo Umberto Eco partecipò ammirato ai lavori: pochi anni dopo avrebbe a sua volta fondato un centro di semiotica. “Mi laureano ad honorem – disse il giorno della cerimonia, nel 2000 – ma sono perplesso: statisticamente due anni dopo queste cerimonie si muore.” Anche in quel caso Paioni era andato molto oltre la normalità, riuscendo a spostare l’asticella della sua esistenza sino a giovedì sera. …

“Il Messaggero, Pesaro”, 23 novembre 2013