Il prof. Giuseppe Paioni – Pino per gli amici e coll’andare del tempo per chi lo conosceva da vicino – che giovedì scorso ha emesso il suo ultimo flebile respiro nella sua piccola casa di Urbino, è stato un personaggio complesso. Nato fra le montagne di Pennabilli, è giunto presto a Urbino per frequentare il liceo, e Urbino è diventato il centro della sua vita. Viveva nella famiglia di una zia materna che gli faceva da seconda madre – alla propria madre rimase profondamente legato fino alla fine della sua vita. Ha seguito gli studi universitari a Roma, poi è tornato a Urbino dove, appena laureato, è stato coinvolto nell’attività dell’Università.
Quando negli ultimi anni della seconda guerra mondiale Carlo Bo da Milano non riusciva più a raggiungere Urbino, il suo corso di Letteratura francese fu tenuto da Pino Paioni. Era l’inzio della sua carriera universitaria e allo stesso tempo anche l’inizio di una grande amicizia fra il giovane Paioni e Carlo Bo, di una decina di anni più vecchio. Paioni era schivo, fino ad un certo punto forse anche timido e insicuro, ma, come molti personaggi schivi, poteva esplodere in reazioni forti, a volte anche violente. Così, da un lato aveva sempre bisogno di figure paterne (e anche materne) che gli davano sicurezza e lo aiutavano a risolvere i problemi pratici della sua vita un po’ disordinata. Per molti anni è stato Paolo Bigonzi il suo tutore, dopo la sua prematura scomparsa il cugino Alfonso Arceci si è assunto lo stesso ruolo, negli ultimi anni aiutato anche dalla “badante” Larissa che gli era diventata un’amica materna. Paioni aveva bisogno di queste figure rassicuranti per realizzare tutte le idee e i progetti che aveva in testa, per dare corpo alle sue convinzioni: ha partecipato attivamente alla resistenza nell’ultimo periodo della guerra, con Arturo Massolo si è impegnato nelle battaglie elettorali del partito comunista del dopoguerra, con Carlo Ceci si è battuto per la cultura a Urbino, il teatro di corte, lo spostamento del monumento di Raffaello dal centro al monte. Una volta che era diventato amico di una persona non l’avrebbe più abbandonata. Il legame di amicizia con Carlo Bo era forse quello più profondo e più importante, ma anche a Leone Traverso era molto legato. Tuttavia anche con gli amici non perdeva il suo senso critico e la sua ironia se il loro fare non coincideva con le sue idee.
Amava raccontare delle sue esperienze, era un grande narratore che affascinava gli ascoltatori, a volte sorprendendoli con le variazioni che dava alle cose vissute insieme. E gli piacevano le donne. Ma a differenza delle storie superficiali di molti amici donnaioli le sue, non numerose, erano vissute con una partecipazione passionale a volte fino al limite delle sue possibilità, anche se alla fine non ha mai avuto il coraggio di un legame definitivo. Paioni ha passato la sua vita leggendo, la sua casa era una specie di tana stracolma di libri, era di un sapere enorme e di un’immensa cultura dalla quale scaturirono le sue splendide e fini idee sempre originali e sempre inaspettate. E questo si manifestava nelle sue lezioni per la Facoltà di Lingue e letterature straniere, per i corsi di Moda e di Giornalismo. E in modo splendido si è realizzato nel Centro Internazionale di Semiotica e di Linguistica che con lui era diventato un centro di ricerca e di insegnamento noto e altamente apprezzato in tutto il mondo. Sapeva inventare, organizzare, coinvolgere, indirizzare, ma ha lasciato poche cose scritte. Riusciva a scrivere soltanto se veniva messo sotto fortissima pressione. E questo era forse il segno del suo carattere schivo, ma anche di un senso critico a volte autolesivo. Pino Paioni è forse l’ultimo testimone e attore di un periodo splendido della città e dell’Università di Urbino.
“il Resto del Carlino”, 29 novembre 2013