La biblioteca di Babele.
Filosofia della storia e romanzo (anti)filosofico
Sergio Givone
Professore ordinario di Estetica presso l’Università di Firenze
Fra Sei e Settecento la filosofia della storia conosce una fortuna dovuta (prima ancora che alla filosofia o alla storiografia) a una nuova scienza, la biblioteconomia. Infatti è a partire da qui che si sviluppa l’idea di un sapere sistematico il cui modello è la biblioteca universale, capace di contenere tutti i libri e quindi anche quello che, come dirà Leibniz, si identifica con “il grande romanzo dell’umanità”. Donde il problema: se una sola è la storia vera, che ne sarà degli infiniti racconti che non pretendono di dire come sono andate veramente le cose, e tuttavia gettano luce sul nostro destino? Hegel non avrà dubbi: l’arte, egli dirà, in particolare l’arte romantica, che è poi l’arte del romanzo, non è che “cosa del passato”. Ma naturalmente non è la sola risposta che sia stata data alla domanda.
Aula Magna del Rettorato. Via Saffi 2, Urbino
22 – 24 novembre 2007
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Giovedì 22 Novembre 2007, ore 17
Saluto del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Presidente della Fondazione Carlo e Marise Bo
Ore 17.30
Prima lezione
In un frammento Leibniz prefigura la borgesiana biblioteca di Babele. Leibniz prospetta due modelli di filosofia della storia. Il primo è basato sull’idea della storia che si ripete identica ciclicamente secondo necessità. Il secondo invece sul concetto di “discretum” e di salto qualitativo implicante la libertà. Leibniz esclude il primo modello e sceglie il secondo. Interessanti le conseguenze.
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Venerdì 23 Novembre 2007, ore 11
Seconda Lezione
Se è vero, com’è vero, che la hegeliana Fenomenologia dello Spirito è una sorta di “romanzo della coscienza” (coscienza che l’umanità ha di sé e della propria storia), è possibile vedere in Hegel un prosecutore di Leibniz. Con una differenza sostanziale, però: in Leibniz la sola storia vera è un’ipotesi che resta nascosta nella mente di Dio, in Hegel la mente di Dio diventa la mente dell’uomo.
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Venerdì 23 Novembre 2007, ore 17
Terza lezione
E’ necessario fare un passo indietro. Tornare a Vico. Nei tempi moderni è stato Vico, infatti, a porre in questione il valore di verità dei miti, delle leggende, delle genealogie, ecc., attraverso cui gli uomini si sono raccontati la loro storia, ogni volta reinventandola, ma in tal modo riappropriandosi della loro umanità. Il “vero” secondo Vico va cercato in ciò che l’uomo fa e addirittura in ciò che l’uomo finge e simula.
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Sabato, 24 Novembre 2007, ore 11
Quarta lezione
La stessa questione è stata riproposta oggi lungo una linea che va da Wittgenstein a Cavell. Che fare di quei materiali linguistici (opere letterarie ma anche teatrali e cinematografiche) che sono frutto d’invenzione? Posto che l’ideale filosofico consista in una “purificazione del linguaggio” che attribuisce esclusivamente al linguaggio logico-matematico la capacità di dire la verità, li confineremo in un ambito meramente estetico o li prenderemo sul serio come testimoni della nostra storia?