Il “caso Gattopardo”

Una introduzione

A cinquant’anni dalla pubblicazione, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa resta uno dei maggiori casi letterari del dopoguerra, sia per l’incredibile successo di pubblico (al punto da raggiungere a luglio del ’59 le 70.000 copie vendute e il conferimento del Premio Strega) sia per le accese discussioni che suscitò presso la critica.

Il “caso Gattopardo” inizia già prima della sua apparizione, con il duplice rifiuto di pubblicazione da parte di Mondadori e Einaudi. È da sfatare la leggenda che vorrebbe Elio Vittorini come responsabile di entrambe le bocciature del dattiloscritto. Nel primo caso egli faceva sì parte della redazione editoriale di Mondadori, ma non fu lui a respingere il romanzo. Nel secondo caso il rifiuto venne effettivamente da Vittorini, con tanto di lettera indirizzata a Tomasi di Lampedusa*, nella quale l’autore di Conversazione in Sicilia stroncava il dattiloscritto ricevuto (mancante di due capitoli rispetto alla versione completa: Le vacanze di padre Pirrone e Il ballo), pur giustificando il proprio rifiuto con l’impossibilità di inserire Il Gattopardo nella nuova collana dei Gettoni che stava preparando e per la quale aveva già pronto un programma per i successivi quattro anni. La stroncatura di Vittorini chiamava in causa il carattere saggistico-sociologico del romanzo, lo squilibrio nelle sue parti, la prolissità delle descrizioni e il fatto che il libro non era riuscito nell’intento di “diventare (come vorrebbe) il racconto di un’epoca e, insieme, il racconto della decadenza di quell’epoca.”

La notizia del secondo rifiuto raggiunse Tomasi di Lampedusa quando questi si era trasferito a Roma per cercare di curare la malattia che da lì a breve lo avrebbe condotto alla morte. Fu Giorgio Bassani a interessarsi, ad un anno dalla morte dello scrittore, alla pubblicazione del romanzo. Bassani non si basò tuttavia sul dattiloscritto rifiutato da Vittorini, ma andò a cercare il manoscritto originale, accorgendosi immediatamente, oltre che dei due capitoli mancanti, anche di numerose variazioni lessicali e ortografiche. Quando a novembre del 1958 uscì per Feltrinelli, Il Gattopardo apparve in un’edizione basata sul dattiloscritto incompleto rielaborato da Bassani, diverso però dall’edizione ultima “conforme al manoscritto del 1957” che venne pubblicata solo nel 1969.

Ed è a questo punto che ha inizio la seconda fase del “caso”, quella legata al successo di pubblico e, parallelamente, alle polemiche suscitate presso la critica. All’articolo lusinghiero di Carlo Bo (La zampata del Gattopardo)*, pubblicato su «La Stampa» il 26 novembre del 1958, seguirà una lunga serie di recensioni che in poche settimane si tramuterà in un accesso diverbio tra chi considerava il romanzo uno dei capolavori della narrativa italiana contemporanea (Bo, in primis, seguito da Montale*) e chi, specie da sinistra, lo vide un po’ come un frutto fuori stagione, come un’opera in stile tardo ottocentesco caratterizzata da una prospettiva “reazionaria”. I critici dibattevano inoltre sulla questione del genere a cui il romanzo di Tomasi di Lampedusa apparteneva, incerti se fosse da considerare un romanzo storico o psicologico.

Il dibattito cominciò ben presto a orientarsi verso una condanna ideologica, che finiva per bollare il romanzo come un libro reazionario, e pertanto un “successo di destra”. Critiche furono rivolte in particolare ad alcuni giudizi espressi da Tomasi di Lampedusa sull’immobilismo atavico dei siciliani o sulla interpretazione, insieme pessimistica e ironica, dei mutamenti storico-sociali, ben condensata dal motto di Tancredi, che don Fabrizio, principe di Salina, farà suo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.”

Si deve alla Francia, e in particolare alla difesa di Louis Aragon (Il Gattopardo e la Certosa*), che definì il libro uno dei più grandi romanzi del Novecento e forse il solo romanzo italiano, un certo riaggiustamento dell’orientamento critico. Aragon si poneva il problema se si potesse realmente giudicare l’opera “di destra”. Chiamando in causa Balzac e Stendhal (quest’ultimo uno degli autori amati e studiati da Tomasi di Lampedusa), Aragon arrivava a sostenere che le idee personali di un autore possono anche essere reazionarie, ma la sua opera “immersa com’è nel movimento reale della storia, non può avere alcun carattere reazionario.” Dunque considerare il Gattopardo un romanzo di destra era un non senso.

La verità è che quando apparve, il romanzo di Tomasi di Lampedusa scontentava un po’ tutti gli intellettuali per la sua atipicità nel contesto dell’immediato dopoguerra. Non piaceva ai critici di sinistra legati a una nozione di impegno e neppure a chi difendeva la Sicilia dalle “astrazioni geografico-climatiche” del Gattopardo (Sciascia*); non piaceva a coloro che criticavano “modi, tono, linguaggio e struttura narrativa” da fine Ottocento e neppure a chi ne contestava la visione pessimistica della Storia.

Ad una rilettura attuale è possibile cogliere negli interventi critici e nelle polemiche sorte attorno al “caso Gattopardo” il dibattito legato allo scontro politico e letterario di un’epoca. In tal senso il romanzo “anomalo” di Tomasi di Lampedusa si inserirebbe perfettamente all’interno dei grandi temi culturali e politici del suo tempo: la nozione di impegno, la funzione dell’intellettuale nella società, il suo rapporto con la Storia e le questioni inerenti al romanzo come genere. Se è vero che, secondo Aragon, un’opera non dovrebbe essere giudicata su base politica, bensì valutata per le sue qualità letterarie, allora il Gattopardo costituisce senz’altro una delle opere di spicco nel panorama italiano del Novecento. Perciò, al di là della questione se esso debba essere considerato un’opera di destra o di sinistra, oltre a costituire il primo esempio di bestseller d’autore nell’Italia del dopoguerra, essa rimane l’opera originale di uno scrittore difficilmente collocabile, che è riuscito nell’intento di confessare la propria esperienza umana in modo da lasciarci, nelle parole di Bo, piacevolmente “sorpresi e arricchiti.”

— Giovanni Darconza

I saggi segnati da asterisco sono stati riprodotti in seguito.